Già nell’architettura gotica le grandi vetrate sbloccano lo spazio bloccato dai muri. L’intera area perimetrale di una cattedrale gotica, infatti, non è più regolarizzata (a causa dall’intervallare delle grandi vetrate) dalla totale
pesantezza dei muri.
Filtrare la luce attraverso il vetro vuol dire anche filtrare lo spazio che è fuori. Così facendo si procede verso la negazione dello spazio chiuso e di una percezione spaziale che avvenga solo al livello di quella corporea e sensibile. In questo caso lo spazio si spiritualizza. Le sue mire obbediscono al desiderio di raggiungere effetti particolari imprevedibili, non riscontrabili solo nelle limitazioni del sensibile.
L’assommarsi del fuori e del dentro, ci porta a una percezione spirituale secondo cui non ha più senso chiedersi se avrebbe più valore percepire lo spazio concretamente o astrattamente, poiché ci si sente come immersi in uno spazio non più necessitato a darci né la sua identità né l’affermarsi del suo peso corporeo.
La sua spazialità si traduce in una espressione puramente aleatòria, cangiante, variabile, fluttuante, che prescinde dal valore di affermazione della propria caratterialità, da intendere quest’ultima come spazio sensibile a una percezione meramente corporea.
La Glasarchitektur (teorizzata dallo scrittore espressionista Paul Scheerbart) vuole essere -alla stessa stregua dell’architettura gotica- composta da una visione cosmica, corrispondente alla forma gatteggiante del cristallo.
La forma architettonica deve essere compiutamente strutturata entro uno spazio, come soffiato da una opalescenza cromatica a ridosso d’una struttura orfana dei muri.
Le pareti di vetro devono relazionarsi specularmente con lo spazio aperto, ed essere estranee alla sintassi del peso. L’architettura viene associata all’idea di spazio prismatico, iridescente, non costituito da un effetto di simmetria monofrangente, né dall’impressione di duro e pesante: si va verso la diafaneità dell’aria;
si esplica l’elasticità della trasparenza, la duttilità di colori riemersi dal filtraggio dell’abbaglio della luce solare. Si pone in risalto il misticismo laicizzato della cattedrale gotica: la sua struttura ritmica perde il
proprio peso; le sue mura, tramutate in vetrate, si oppongono alla quintessenza del muro atrofizzato; il suo spazio ineffabile, meravigliosamente ascetico, rivolta la polarità fra terra e cielo.
Lo spazio architettonico deve -secondo la Glasarchitektur– divenire girovagante: nell’effetto di fermezza si insedia quello di volubilità. E la percezione
di instabilità è così pregnante che occorrerebbe evitare nelle stanze persino l’uso degli specchi, poiché
Paul Scheerbart, Architettura di vetro. Adelphi, Milano 1982, p.40gli specchi (che riflettono in continuazione l’ambiente circostante sotto diverse luci) hanno un effetto disturbante sull’architettura nel suo insieme, dal momento che in essi non vi è niente di stabile. L’uso degli specchi è certamente giustificato se si vogliono ottenere effetti caleidoscopici; altrimenti lo specchio al mercurio è meglio evitarlo; è pericoloso come il veleno.
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