Se l’Espressionismo include in sé… l’esperienza sensoriale lungi dall’illusorietà del definito e del definibile, è perché trova nell’imperfezione la forma che non mira alla rappresentazione di una visione trascendente. La forma dell’imperfezione nasce dalle diverse potenzialità del vissuto, appartiene allo spettacolo del mondo, non sconfina dalla dimensione sensoriale della carne, vive nel moto frammentato della molteplicità; vive a partire dal processo dinamico del corpo; è postulata dal tatto, è condotta nella sua forma dalla totalità dei sensi; il suo punto di vista sul reale nasce in conseguenza di ciò che vede e recepisce sensorialmente, stando al livello della propria esistenza; la sua forma arriva laddove la forma dei conflitti esistenziali si definisce nel funzionamento contraddittorio del mondo; dunque…
si rifiuta di isolarsi nella visione di una sensorialità mistica e contemplativa, non vive nella visione immanifesta dell’invisibile, e non è lo stato permanente di una forma ricavata dal fondamento trascendentale di un’idea formale divinizzata.
Nell’Espressionismo l’imperfezione interpreta il reale dal punto di vista del corpo; l’imperfezione è valutabile con il corpo, poiché il reale porta su di sé tutto ciò che è del corpo del mondo: il proprio essere al mondo, con le proprie impressioni sensoriali e i propri dolori di pancia. L’imperfezione si pone nell’Espressionismo come modello di uno spazio in cui ogni uomo appare per quello che è, nel proprio contesto esistenziale e sociale: un individuo afflitto dal non-senso della sua esistenza. L’imperfezione non viene dall’esperienza visibile in una dimensione disumanizzata: è l’umano catturato nella forma fisica della sua istintualità, e perciò vuole essere colta nell’esperienza spazio-temporale del vissuto, nella realtà fisica di un dinamismo congegnato nell’ambito delle proprie percezioni sensoriali.
Insomma, l’imperfezione si rifà alla natura dell’uomo, perciò dev’essere in essa evidente la materia organica delle sue visioni cerebrali e corporali. La sua forma deve essere modellata dagli impulsi sensoriali. Non v’è posto, nell’imperfezione, per l’indefinibile: siamo al pianoterra dell’esistenza, il suo materiale di rappresentazione è organico, il suo costrutto formale le deriva sia dal grado inferiore del visibile e del tangibile, sia dalla psiche più profonda, portandosi addosso scorie e residui di quest’ultima.
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