Eccoci così, con Paul Scheerbart e l’architetto Bruno Taut, a un’architettura delle connessioni fra trasparenza e nitidezza, fra levità metafisica e leggerezza come resistenza contro la pesantezza e l’opacità ottusa dei mattoni. L’imperativo dell’architettura diviene fondamentalmente: sovvertire l’architettura
Paul Scheerbart, Architettura di vetro… p.15eliminando la chiusura degli spazi in cui viviamo… con l’introduzione dell’architettura di vetro, che permette alla luce del sole, al chiarore della luna e delle stelle di penetrare nelle stanze non solo da un paio di finestre, ma direttamente dalle pareti…
Trasparenza dalla quale sopravvenga (in opposizione allo spazio chiuso,
interno) lo spazio esterno.
Lo spazio interno polarizza su di sé la luce che gli viene dall’esterno, rendendosi volubile, non più aggrappato all’imprigionamento del proprio spazio.
Con l’architettura di vetro s’abbatte il limite che v’è fra spazio interno ed esterno: l’interno e l’esterno si compenetrano; lo spazio interno si lascia ricamare dal tessuto della luce, evoca l’esterno, procede oltre se stesso, diviene aperto e vibrato.
Cosicché l’ambiente interno, modellato dalla luce esterna, può assumere effetti di luce a seconda delle varie fasi del giorno: rifulgere sotto quella solare; colorarsi -a effetti cangianti- sotto quella crepuscolare (polarizzando su di sé guizzi di mezzombre e fluttuanti gamme luminose di digradazioni cromatiche); rammorbidirsi sotto quella lunare.
Spezzare l’opacità dei muri: fare in modo che le pulsioni luminose, provenienti dall’esterno, trasformino l’ambiente interno in colori ora accesi ora spenti, ora gai ora vaghi, ora sfumati ora liquidi:
Paul Klee, Poesie. Guanda, Milano 1978, p.191La luce e le forme razionali
sono in lotta, la luce
le mette in movimento, piega
angoli retti,
curva parallele,
costringe i cerchi dentro gli intervalli,
rende l’intervallo attivo.
Da tutto questo l’inesauribile
diversità. (Klee – 1908)
Ma perché fare in modo che l’architettura dello spazio interno sconfini nello spazio esterno? Perché si riassuma in uno scenario collocato anche nello spazio vitale della luminosità del parvente.
E perché lasciare che il sole compenetri totalmente lo spazio interno?
Perché ci ricordi, col suo esempio, che l’altruismo ci emancipa dall’odio, ci èduca alla bontà:
Paul Scheerbart, Lesabéndio. Editori Riuniti,
Roma 1982, p.135Oh! Il sole non è solo grande, è anche così buono! Questa è la cosa più importante. Dà luce e calore a profusione. Opera per tutti quelli che gli ruotano intorno. Opera per gli altri, questa è la sua bontà. Esso dà vita a tutto…
La Glasarchitektur non mira però «a un aumento dell’intensità della luce».
La luce occorre attenuarla, renderla quietamente più profonda, religiosamente mitigata.
La luce forte e sfacciata del sole va filtrata attraverso il colore. Ciò che deve trapelare nell’interno non deve essere l’effetto smagliante di un fulgore luminoso, ma il lucore gèmmeo della tenuità.
La luce smorzata è ciò a cui dobbiamo mirare.
Velare la luce attraverso il colore equivale a temperare lo spazio architettonico, a ravvivarlo con effetti di serena placidezza. Il potere di emissione di irradiazioni luminose del sole deve rispondere a uno spazio moderato e addolcito dal colore.
Perciò
non “Più luce!” ma “Più luce colorata!” dev’essere il nostro motto.
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