Là dove esiste un linguaggio prevalentemente sonoro, strutturato per una scrittura tendenzialmente formulata ai fini di trasmettere all’udito immagini visive -tramite la sonorità delle parole- capaci di ravvicinarci ad altri
significati, oltre a quelli che già la parola e il discorso hanno in sé, ne deriva un’impressione sensoriale connaturata all’atto performativo della corporeità.
La parola cioè si fa azione, raffigurazione visiva di un discorso teatralizzato.
Lo status quo del linguaggio comune viene opportunamente de-costruito e ri-costruito, perché lo si porti a contraddire la mercificazione e l’alienazione di se stesso. Ecco dunque la scrittura sonora, concreta, oggettuale rifare il linguaggio a partire da zero.
La scrittura sonora traduce la parola in impressione visiva, è come se lasciasse all’udito un calco in cui vi sia stata colata una materia polipercettiva (ricavabile dalla congiunzione di tutti i sensi) per ottenere un’immagine a tutto tondo.
La scrittura concreta, visuale, oggettuale è invece materia già modellata: è scrittura che si fa cosa, immagine viva che ci rimanda l’impressione percettiva di un reale.
È estetica dell’oggettualità, che non è illusionismo visivo ma realtà concreta: un pezzo del reale, decontestualizzato dalla sua realtà e ricontestualizzato nella concretezza di un’immagine che è cosa in quanto già realtà di per sé oggettuale.
La scrittura visiva è visualizzazione di uno spazio fisiologico, in cui tutto avviene, si muove, ci fa vedere e toccare, ci fa sentire e sapere.
La scrittura visiva è invasiva: cade nell’occhio del fruitore con tutta la forza di un peso riscontrabile nella materialità di un oggetto.
Lo spazio con cui la scrittura visiva è chiamata a interagire, è architettura scenica: è geometria costruita sia per ordinare frantumi di parole raccattate dal reale, sia per riorganizzare e dar voce a un mondo che sembri prendere corpo a mano a mano sotto i nostri occhi.
Con la poesia visiva la parola viene condotta a una visibilità che la trasforma in cosa. La parola prende corpo, diventa oggetto finalizzato a una fruizione -oltre che visiva e sonora- tattile. La parola visiva mira a farsi toccare, ciò significa che è impostata in maniera da farsi vedere stimolandone il tatto. Nella scrittura visiva la parola si materializza, diventa forma e azione di immagini che si animano sotto gli occhi del fruitore.
La scrittura visiva oggettivizza e mostra la parola a seconda dei bisogni tematici.
Per questo la parola si muove nello spazio visivo come un attore in
continuo movimento: materializza immagini tramite gesti e atti visualizzati cromaticamente con segni visivi.
Il verbo tende forme e linee che gesticolano, e annaspano fra parole che mimano e imitano forme e segni texturali.
La parola si fa attore e, in quanto tale, mette in atto una pantomima proteiforme: enfatizza se stessa con un linguaggio verbale che si metamorfizza in materia visiva (segnica e cromatica), interagisce col fruitore rendendo corresponsabile la sua stessa percettività sensoriale.
La scrittura visiva si fa oggettiva per divenire essa stessa realtà in un contesto reale.
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