La connessione tra spazio e vetro, tra luce e colori avviene secondo una progettualità che intende depurarsi dall’artefatto e dal superfluo.
L’architettura deve prendere forma, spazio, luce e colore non da forzature ornamentali, che la privino della sua funzionalità e dei suoi paradigmi di concretezza strutturale e ambientale, ma da una marcata pulizia strutturale e formale che miri a sottolineare un fine che vada in direzione di una architettura all’insegna di un conseguimento sostanziale del benessere sociale, a partire da ciò che già la luce e lo spazio offrono al vero.
Il suo fine non deve essere offuscato dal trapianto in essa di elementi riempitivi e inopportuni.
L’architettura di vetro mette al bando l’ornato, il grandioso, lo sfarzoso, lo spanto. Essa deve evitare persino la “deperibilità” e l’antico sentore semantico del legno. Essa mira a un ambiente che assuma un “carattere” di essenzialità e purezza.
Per cui, ad esempio, il legno va evitato, «semplicemente non si adatta più alla situazione. Armadi, tavoli, sedie, eccetera devono essere prodotti anch’essi in acciaio e in vetro, affinché tutto l’ambiente assuma un carattere unitario».
Il vetro per Scheerbart non è sinonimo solo di chiarezza e trasparenza etica, ma anche di pulizia preventiva. Con il vetro si purifica lo spazio abitativo: si tengono a distanza presenze spúree, si colma lo spazio di vocativi cromatici purificativi:
«Il vetro,» afferma il turco Abu-Babu nel racconto Il congresso degli architetti di Scheerbart, «è il materiale da costruzione più pulito. In un edificio di vetro
non entrano i topi -e anche gli insetti si tengono a debita distanza-, specialmente se il terreno tutt’intorno alle case di vetro è lastricato con piastrelle che ogni giorno si possono lavare con acqua pura».
E poiché un edificio di vetro ha bisogno di strutture di ferro, ciò porta alla standardizzazione degli «elementi costruttivi», la forma dei quali costringe a determinarli «soltanto dal loro fine e dalla loro funzione». «La loro bellezza -a detta di Gropius, e ciò vale anche per un edificio in vetro- richiede una progettazione ludica e semplice, e non decorazioni e profili pletorici, alieni dalle qualità strutturali e fisiche dei materiali stessi».
L’architettura di vetro non si accorda con le vecchie tradizioni, è necessario remare contro ogni consuetudine acquisita dai nostri antenati, contro quel costume che continua a far rivivere l’usuale secondo il già usato.
Persino i mobili non vanno più organizzati e ambientati nello spazio secondo le passate mentalità progettuali:
Paul Scheerbart, Architettura di vetro… p.25Che i mobili della casa di vetro non vadano appoggiati contro le preziose pareti di vetro, decorate a più colori, apparirà certamente “ovvio”. Questa rivoluzione dell’ambiente è assolutamente inevitabile, non c’è niente da fare. Va da sé che i quadri alle pareti sono del tutto inammissibili.
Non è dunque
Combattere contro le tradizioni radicatelecito che immagini associative risalenti all’epoca dei nostri nonni contribuiscano in maniera decisiva alla creazione del nuovo ambiente. Tutto ciò che è nuovo deve appunto combattere una dura battaglia contro tradizioni profondamente radicate; non c’è altra via se si vuole che il nuovo riesca ad imporsi.
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