Con l’Espressionismo (sia in arte che in letteratura) si va in profondità, si scava; ci si sposta: da una condizione artificialmente idilliaca dell’elaborazione dell’Io appagato di sé a un Io solo, non più controllato, in cui si individua l’ubicazione di un primitivismo che inspira ed espira azioni e passioni che effondono un linguaggio inarticolato come fosse in un altro corpo, non più cioè in quello borghese ma in quello di un uomo che abbia ottenuto il vivo contatto con la natura del dramma dell’esistente, sufficiente a fornirgli nuove trepidazioni, libere di muoversi in un linguaggio dalla muscolatura svincolata dall’ordine sociale egemone:
Nuove trepidazioni dall’esistente
Gottfried Benn, Doppia vita… p.40Ho vissuto per conto mio, lontano dalle aziende capitaliste, dalle autorità, dalla stampa, dalla letteratura, dalle sale di conferenze, ho vissuto solo.
La morte mi spogliò ben presto di tutto ciò cui era legata la mia giovinezza, mi costò sangue e lagrime, ma poi fui solo. Solo, probabilmente non esiste parola su questo: guardare in solitudine e serenamente verso l’ora del crepuscolo: a chi riesce a tanto voglio dare la corona della vita.
Tutto ciò che si sapeva e si possedeva tramite il linguaggio borghese è andato perduto. Il linguaggio espressionista trascura ogni precauzione di autocontrollo, non dispone più di una struttura assodata una volta per tutte, le sue parole si svuotano dei loro consueti significati per ricevere in sé significati tramestati in svariatissimi aspetti.
Si deve dunque guardare al linguaggio espressionista in termini di esperienza al di fuori del linguaggio borghese: la comunicazione non formula più potere, il campo in cui si svolge non è più strumentario, non produce più parole incentrate ad ottenere qualcosa a proprio vantaggio, non ci introduce prevalentemente in un’area linguistica gerarchizzata da un codice verbale da cogliersi solo in relazione al suo tornaconto.
Il linguaggio espressionista non è l’accesso al raggiungimento di un traguardo strumentale, né alla comunicazione per motivi personali. Per mezzo di un vitalismo primitivo, rimanda il linguaggio alla realizzazione di una comunicazione libera, autonoma dall’individualità dell’Io e dall’oppressione di un codice assolutistico, nonché depauperato dalla comunicazione ordinaria. Nel linguaggio espressionista l’Io non vi è più sottolineato, è il frutto di un processo comunicazionale che nasce dall’ambiente, il mondo gli dà informazione, e l’esperienza umana (anche quella patologica e deviante) gli rafforza il proprio codice espressivo.
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